Da un po’ di tempo ci interroghiamo con Daniele Muratore su come utilizzare il web per la valorizzazione e nella promozione dello spettacolo dal vivo. Potenzialità ce ne sono molte, ma bisogna stare attenti a non limitarsi allo spam isterico su facebook o a utilizzare i blog solo per pubblicare le proprie recensioni che, come è emerso durante il workshop #comunicateatro REGGIO EMILIA svoltosi di recente, spesso hanno l’effetto boomerang di allontanare gli spettatori dal teatro.
Il discorso è molto più complesso: abbiamo la possibilità di avvicinare le nuove generazioni al teatro e all’arte attraverso il web 2.0. Ma dobbiamo farlo in maniera semplice, diretta e soprattutto in prima persona. Dobbiamo rintracciare le nostre communities esistenti offline e ricostruirle online; attivare metodologie ludiche e coinvolgere gli utenti. Dobbiamo guardare ai settori che lo fanno meglio di noi: il food, il turismo, la moda. E interrogarsi sul perché certe dinamiche appartengono oggi molto di più ai musei che al settore delle performing arts.
SenzaCravatta parte da qui: mostrare le facce di chi fa teatro, far parlare in prima persona i professionisti per raccontare le proprie esperienze, trasmettere know-how ai giovani colleghi e incuriosire nuovi utenti e spettatori. E poi, un hashtag: #teatropop. Non da usare perché farà tendenza ma per far sì che il racconto diventi collettivo, crei discussione, espanda un certo modo di vedere l’arte e la cultura. A me piace chiamarlo “Social Media Storytelling”.
Perché tutto ciò? Perché il web, che ci piaccia o no, è il linguaggio del presente e abbiamo il dovere di formare le nuove generazioni sul suo utilizzo consapevole. Il teatro, i festival e quel che ruota intorno alle performing arts sono perfetti per questo scopo: con i nostri smartphone invadiamo territori e li assaporiamo, tra uno spettacolo e l’altro.

Una spettatrice tra uno spettacolo e l’altro di NID Platform, piattaforma della nuova danza italiana, svoltosi a Pisa e Pontedera a maggio 2014 – foto: Michele Leccese