Se l’Odissea fosse figlia degli anni Duemila, magari sarebbe un telefilm. Uno di quelli americani, fatti bene, con alcuni tra gli sceneggiatori più bravi del mondo, con tanti soldi e attori pazzeschi. Odisseo magari sarebbe un immigrato che cerca di tornare dalla propria famiglia chissà dove, gli dei sarebbero i capi di Stato, l’Ade potrebbe essere il fondale dei mari attraversati dai barconi, Beyoncè o Lady Gaga le potremmo trovare in un cameo come Sirene. Dopo qualche anno probabilmente farebbero uno spin-off su qualche personaggio che è piaciuto di più al pubblico, magari sulla corte dei Proci e sulla vita di Penelope (vent’anni a fare cosa?). Nel peggiore dei casi, invece, sarebbe un musical, ma preferisco non pensarci. Ad ogni modo, quello che rende incredibile l’Odissea è che in qualsiasi epoca ci si possa perdere dentro trovando sempre nuove letture. Può cambiare lo stile, il punto di vista, possono passare secoli, ma sempre quest’opera ci parla e ci spinge a riattraversarla.
E mentre scrivo nella mia stanzetta in una città qualunque di un piccolo Paese, penso a come Ulisse sia parte dell’immaginario comune dell’umanità, una di quelle figure che in tutto il mondo prende vita solo nella fantasia delle persone, che ha un colore della pelle, un’età, una religione diversa, ma che risponde sempre al nome di Ulisse, un miracolo che solo la letteratura può fare. Il teatro, il cinema, creano fisicamente solo una di quelle infinite possibilità che può essere Ulisse, inventano una delle migliaia di Penelope immaginabili, ed è questa la parte più difficile, scegliere. Chi è il Ciclope? Cosa significa vedere con un solo occhio? Chi è Telemaco? Cosa significa crescere vent’anni senza un padre, confrontarsi con un eroe, essere all’altezza del mito? Quello che andremo a mettere in scena sarà inevitabilmente frutto di quello che ci siamo domandati.
Dovremo fare delle scelte. Perderci nel viaggio e portarci dietro i ricordi, la sabbia nelle scarpe, l’odore di un fiore che non conoscevamo, il dolore di perdere i compagni di viaggio. Viaggiare lontani, senza punti di riferimento, pensando a dove vorremmo essere. Lì, tra le braccia di Circe, o a casa, nel nostro letto? Pescheremo nel mucchio delle fotografie. E alcuni di quei ricordi, li racconteremo.
Questo post è stato scritto dall’attrice Caterina Marino
Caterina Marino, diplomata come attrice nel 2014 alla Scuola di Teatro di Bologna “Alessandra Galante Garrone”, iscritta da troppo tempo al Dipartimento di Arti e Scienze dello Spettacolo presso l’università “La Sapienza” di Roma, in cerca costante di una propria identità teatrale tra sbalzi d’umore e tentativi di felicità.