Se ti giri. proprio sopra la testa. c’è la madonna. e la scritta ave o maria. in rosso. e in giallo. lì davanti ai banchetti disallineati. oggi siamo tutti posticci. in questo spazio nuovo. quello con il muro praticamente aperto. che da dentro senti tutto il fuori. amplificato. e fastidioso. ma dicevamo della madonna. di cui anche loro si sono accorti. tanto che c. alza gli occhi ogni tanto. e la guarda. è che fa impressione con la madonna che ci fissa, spiega lui. poi inizia a battere il tempo con la mano. dicendo i numeri. un. due. tre. quattro. cinque. pure se gli abbiamo ripetuto che i numeri non servono. che basta solo il movimento della mano. a fare cadenza. e dunque c. batte con le dita. e solleva gli occhi. a ogni cinque battuto e proferito. come una litania. verso la madonna. che lo guarda. di rimando. e tutto questo. mentre dalle celle ci arrivano voci di canti. e tutto questo. mentre dalle celle ci arrivano voci di bestemmia. e tutto questo. mentre dalle celle ci arriva il singhiozzo di un pianto. solitario. e pudico. come fosse fuori posto. e tutto questo. mentre quel corridoio. di passaggi desolati. fagocita tutto. dalle parole. ai pianti. alle bestemmie. alle mani battute. agli odori. a quell’ave o maria. con quel rosso. e con quel giallo. così sgargianti. così inopportuni.