La mia gabbia

#cuoredetenuto #1, ph. Concetta Affannoso Amicolo

Troppo in fretta corre il tempo. Non lo si può fermare. La sensazione di questi giorni è quella di trovarmi in una grande famiglia. Come se conoscessi tutti da sempre. Oramai non si parla più per capirsi. Gli sguardi, i gesti fanno la loro parte. Abbiamo trovato il nostro linguaggio. La comunicazione. Che tanto sembrava un miraggio quando ho messo piede in quella palestra. E adesso tanto sembra un sogno averla toccata con mano. C’è la concentrazione, il divertimento, l’ansia, la paura, il coraggio, la sfida, la rivincita, la strafottenza, l’amicizia, l’unione. Tutto. Vorrei essere un drone per rivedere questi mesi tutti dall’alto, da un’altra prospettiva. Sono sicura della crescita di ognuno dei ragazzi. C’è chi mi ha sorpresa. Lasciata senza parole. Chi all’inizio sembrava non avere alcun interesse e adesso invece fa i diavoli a quattro per provare. Chi è geloso della propria attrezzeria, chi si lamenta dei trucchi e dei costumi che adesso, invece, sono diventati come una seconda pelle. Gli occhi dei ragazzi sono più grandi, più pieni, vivi e luminosi. È come se il colore avesse ripreso vita.  Sono svegli, allegri, tutti più belli. Radiosi. Chi più magro, chi col barbone. Vorrei quest’avventura non finisse mai.

Mi chiedo perché il tempo vola inesorabile. Io non vedo l’ora di andare in carcere! Sembra paradossale dirlo. Ma io non posso farne a meno. Ho sempre pensato al teatro come strumento per aiutare a trovarsi e a ritrovarsi. Uno strumento per aiutare l’altro. E ora mi chiedo, ci siamo riusciti? Abbiamo aiutato i ragazzi in qualche modo? Tutto quello che abbiamo tirato fuori non è frutto del nostro insegnamento però. Io mi sento più guida che insegnante. Come dice Galileo Galilei “Non si insegna niente all’uomo. Lo si aiuta a trovare le cose dentro di sé”. Le “cose” loro ce le hanno già dentro. Bisogna soltanto dargli modo, possibilità e occhi per poterle tirare fuori. Degli occhi che credono in quello che sono capaci di fare. E una volta trovate sono uno spettacolo della natura.

#cuoredetenuto #2, ph. Concetta Affannoso Amicolo

#cuoredetenuto #2, ph. Concetta Affannoso Amicolo

Tutto questo percorso mi ha chiuso in una gabbia. La mia gabbia sono i ragazzi. La chiave è andata  perduta chissà dove e quando. Sarà smarrita per sempre ma a me non importa ritrovarla. Perché in questa gabbia ci sto da Dio. Pensare a voi ragazzi mi fa sorridere le labbra, mi fa emozionare i pensieri. Quello che vi è accaduto è un salto. Un salto che neppure voi avreste mai immaginato di poter fare. All’improvviso avete spiccato il volo e nessuno vi ha potuti fermare più. Da cuori di pietra, un po’ algidi, con nessuna fiducia nel prossimo siete cambiati. Almeno un po’. E si vede tutto dagli occhi. Siete la mia gabbia, e sono detenuta anche io adesso. M’avete preso cuore e anima più di chiunque altro avrebbe potuto saper fare. Mi basta guardavi per capire quando non è giornata, o quando un colloquio è andato bene. Quando un limite può frantumarsi e diventare emozione? Può nascere una poesia in carcere?

Lo spettacolo è finito. Come organizzare ora le mie giornate. Mi sono abituata ai vostri tempi, spazi, ritmi. Si sono fusi ai miei. Quante volte Daniel avrà cantato “Maronna, maronna”? e Nicola? Quante volte avrà provato Sapunariello? Ma Michele stà catena la romperà? Peppe con “Tre passi” come stiamo messi? Gedi te le vuoi imparare ste battute o no? Fratelli voce, volume, ritmo! Paolo, Antò! È un circo, forza!!!! Alvin che passo di merengue farà questa volta? Peppe ma un po’ d’ansia non ce l’hai? Vito giocatela che ci sei dentro! Alì sei pronto per il trucco? Maria i tacchi ti fanno male?

Mille altre domande adesso ho in testa. Ma in fondo che importa. A me sta gabbia piace. E ci voglio restare. Mi carico di ognuno di voi sulle spalle. Vi tengo dentro e non vi lascio così come voi mi avete preso il cuore e ve lo siete tenuto.